I tintori di Fes: il fascino senza tempo delle concerie del Marocco

I tintori di Fes

si incappa in uno spazio aperto, impensabile per il luogo...

Ogni città araba conserva gelosamente la sua medina e quando mi sono ritrovata a Fes, sono rimasta senza parole.

Le sue strade strette e ingrovigliate, chiuse tra i muri delle case e delle moschee che molto spesso finiscono sulla porta di un’abitazione e tocca tornare indietro! Ma, girando tra le strade claustrofobie del mercato, si incappa in uno spazio aperto, impensabile per il luogo: le concerie per la lavorazione delle pelli.

Rosso è il colore dominante quando ci si affaccia da una delle terrazze che danno sulle concerie Chouwara di Fes, nelle quali viene replicata un’antica arte di origine medievale.

Una vera e propria porta per il passato

Le tanneries, come le chiamano i marocchini, sono una vera e propria porta verso il passato, una delle poche possibilità di conoscere il fascino dei tempi antichi.

Nelle enormi vasche fumanti di tintura, i conciatori sono immersi fino alle ginocchia a mescolare pelli di mucche, cammelli e capre prima nella nella mistura di colore, un tempo ricavata da bacche e piante e oggi sostituita quasi completamente dai coloranti chimici.

Se si riesce a sopportare l’odore pungente, la vista è incredibile: le pelli stese al sole ad asciugare colorano le strade del quartiere delle tinte più variegate. Per ammorbidire le pelli si usano guano di piccione e urina di vacca e sono queste che emanano l’odore acre e pungente delle concerie soprattutto in estate, quando il sole batte impietoso. Ecco perchè all’entrata mi viene offerto un rametto di menta fresca, da tenere sotto il naso per attenuare l’odore.

Ma non sempre funziona e non riesco a liberarmi dell’odore nauseabondo. La concia così organizzata, lontana dalle efficienti e fredde industrie moderne, è dura e faticosa e i lavoratori resistono pochi anni, finché sono giovani. Poi devono arrendersi alle mani bruciate e all’artrosi che li colpisce dopo anni di immersione in queste vasche per tutto il giorno.

Ma varcare la porta di Chowara è stato come trovarsi in un passato che da noi non esiste più.

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