Beida, la Sorella Minore di Petra

Ciao a tutti!
Oggi voglio raccontarvi il mio viaggio attraverso la Giordania ma, non volendo annoiarvi troppo, ve lo racconterò a puntate, come un romanzo d’appendice.
Non ho vissuto solo un paese, ma un affascinante racconto di storia, cultura e bellezza senza tempo. La storia dell’intera umanità.
Il deserto mi ha accolto a braccia aperte, il vento mi ha portato memorie di tempi antichi mentre attraversavo dune di sabbia dorata. Ma il cuore di questa esperienza l’ho trovato nei luoghi nascosti della civiltà nabatea.

Camminavo attraverso un canyon stretto, il “Siq“, con pareti che sembrano toccare il cielo e l’emozione cresceva ad ogni passo, fino a quando, improvvisamente, il tesoro di Petra si presenta davanti a me! Un capolavoro scolpito nella roccia rosea. Qui ho trascorso tre notti e per due giorni, sono entrata per nel sito archeologico, per poterne assaporare anche gli angoli nascosti, nel silenzio dell’alba, quando non c’è ancora la folla che in qualche modo deturpa il luogo. Ma la vera sorpresa è stata Piccola Petra!

Camminando lungo il canyon che in alcuni punti si stringe fino a fami a malapena passare, i passi procedono silenziosi sulla sabbia e alla fine mi conducono a diverse grotte evidentemente usate come abitazioni, scavate nella roccia, con portali d’ingresso più o meno elaborati. Qui tutte le abitazioni erano composte da una grande stanza, con un grande spazio interno per accendere il fuoco e tutt’intorno lunghi blocchi di pietra sui quali venivano sistemati i materassi. Nei secoli furono abitate anche dai beduini che vi sostavano con le proprie greggi di capre e pecore e che, con la fuliggine dei loro fuochi, annerirono l’arenaria bianca, fino a nascondere gli affreschi che decoravano alcune stanze.

Ho visitato molti posti nella mia vita, ma un luogo così evanescente ed allo stesso tempo imponente, in cui dominano le pareti di arenaria rossa, che nascondono grotte e palazzi, non l’avevo mai visto. Ed è veramente molto distante dalle foto “classiche” di Petra, cui tuti siamo abituati. Impossibile non fermarsi ad assaporare l’aria magica, nella quale aleggia ancora lo spirito degli antichi nabatei, che con la loro abilità, edificarono una città che finì con il competere con i templi di Petra. E qui, passeggiando tra le creazioni scavate nell’arenaria, si vede la trasformazione da semplici grotte a costruzioni più grandi ed elaborate.

Fino ad arrivare alla casa dipinta: per vedrla bene, mi sono arrampicata sui gradini che conducono alla sala superiore e, dopo aver ripreso quel poco fiato che mi rimaneva, ho potuto toccare con mano la pietra scavata sapientemente dai nabatei e scoprire le uniche tracce di affresco della zona sopravvissute al passare dei secoli.

Tornata nel Siq, improvvisamente, la strada si restringe e, dall’interno di questa strettoia, parte una scalinata che sembra finire tra le nuvole: un luogo misterioso, indicato da un cartello di cartone che promette una vista strepitosa.

Come resistere a un tale invito?

E così di nuovo scale e sentieri stretti, a volte molto difficoltosi, a volte più facili e quasi pianeggianti.

Arrivata in cima, trovo l’immancabile venditrice che mi offre il the caldo, che bevo volentieri anche per prendermi una pausa dalla stanchezza. Subito dopo, si apre una terrazza dalla quale ammirare il panorama promesso. Resto un po’ delusa, perché, dopo una tale sfacchinata, mi aspettavo qualcosa di unico, ma in realtà il panorama non è niente di speciale. La strada per arrivarci sì, però! Solo quella vale la fatica, il fiato corto e il caldo.

Proseguo poi lungo il sentiero, nonostante i chilometri siano tanti: mi hanno detto che si può arrivare al monastero di Petra. E dopo due ore e mezza eccomi qui, come un esploratore che vede per la prima volta un luogo sconosciuto: l’emozione è stata davvero intensa. E ho ripensato a come si dev’essersi sentito il giovane Burckhardt, quando scoprì le due Petra.

E questo è stato solo l’inizio……
Il resto ve lo racconto a breve!

Galleria Fotografica

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